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24 Maggio 2024

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Food for Profit e i legami tra politica, industria della carne e allevamenti intensivi

"Food for Profit" è il film documentario di Giulia Innocenzi e Paolo D’Ambrosi che dimostra il forte legame tra politica, industria della carne e allevamenti intensivi, settore che, grazie alla Politica Agricola Comune (PAC), riceverà 387 miliardi di euro di soldi pubblici in 7 anni, fino al 2027.

di Fabio Rotondo

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Il documentario rivela come il settore degli allevamenti intensivi e della produzione industriale di carne sia un intreccio di conflitti d’interessi, lobbying opaco (soprattutto in contesti nazionali come l’Italia, che non hanno una regolamentazione), crudeltà verso gli animali e gravi danni ambientali e climatici.

Uno dei casi più eclatanti di conflitto d’interessi è quello dell’eurodeputata spagnola Clara Aguilera, figura chiave della Commissione Agricoltura, che è proprietaria di allevamenti e membro di associazioni di allevatori. Dopo l’uscita del documentario, ha dichiarato che non si ricandiderà più e ha accettato un’offerta nel settore privato dell’agroalimentare, dove inizierà a lavorare dopo i 6 mesi di periodo di raffreddamento (secondo la nuova, seppur insufficiente, norma europea sulle porte girevoli, rivista dopo lo scandalo Qatargate, che invece manca totalmente in Italia). 

Un altro noto caso di conflitto d’interessi riguarda l’eurodeputato italiano Paolo De Castro, che in Commissione Agricoltura difende apertamente gli allevamenti intensivi e, contemporaneamente, è presidente della fondazione Filiera Italia (che include grandi realtà dell’industria come Cremonini, Amadori, McDonald’s), da cui percepisce 25.000 euro all’anno, come dichiarato nel documento sui conflitti d’interessi. Come può scegliere per il bene comune durante le votazioni in Commissione Agricoltura se è presidente di una fondazione del genere? 

Il documentario mostra anche come il lobbying sia uno strumento ampiamente utilizzato dal settore della carne. Un lobbista infiltrato, Lorenzo Mineo, incontra altri lobbisti dell’agribusiness durante i congressi del settore a Bruxelles, dove viene indirizzato verso alcuni politici chiave per proporre progetti terribili, e per fortuna finti, per aumentare la produzione di carne. I lobbisti lavorano sodo anche per ritardare leggi sul benessere animale e assicurare che i finanziamenti europei vadano all’agribusiness. Come dice Aneta Goliat, sindaca polacca di Zuromin, città devastata dagli allevamenti intensivi: “I politici locali vengono finanziati dalle grandi aziende di carne, sono una lobby potentissima e il lobbying deve essere regolamentato”. 

Mentre in Unione Europea, dopo lo scandalo Qatargate, sono state introdotte alcune riforme per rendere più trasparente il lobbying e regolare meglio i conflitti d’interessi, in Italia si attende una legge da oltre 50 anni. A inizio legislatura, le minoranze hanno presentato delle proposte di legge, rendendo l’Italia il Paese con più proposte di legge sul lobbying mai presentate al mondo (108). Il Presidente della Commissione Affari Costituzionali, Nazario Pagano di Forza Italia, aveva annunciato un testo base entro maggio, ma non si hanno notizie da mesi. 

Firma la petizione per chiedere subito una legge sul lobbying. 

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